La Pittura informale di Vincenzo Napolitano presenta la gestualità forte e persino feroce di una colata lavica. Egli è quindi pittore di incandescenze, che si accendono e si rigenerano dando forma estetica all'energia della materia cromatica. La ricerca di questo artista ha spessore e tangibilità, movendosi in un contesto poetico che non ha nulla di sperimentale,poiché egli non si arresta certo sulla provvisorietà di un semplice effetto visivo,bensì si esprime in una visione ricca di valenze allusive. In una complessità labirintica dove nulla appare scontato, si attua una sorta di espansione calda della pittura,che propone rivelazioni oltre ai limiti del conoscibile. La produzione di Napolitano azzera quindi ogni significato figurale,senza peraltro ricorrere a forzature espressionistiche,e giocando piuttosto sul piano della profondità magmatica del colore, che appare ribollente come se provenisse da profondità inesauribili. Si tratta qui dunque di una laboriosa indagine sul linguaggio intrinseco alle variazioni cromatiche,che viene scandagliato in una sorta di viaggio mentale,dove l'artista non si abbandona all'istintualità, poiché egli preferisce piuttosto attuare formulazioni spaziali estremamente controllate. Tecnica e metodo si coniugano con rigore per dare senso compiuto alle variabili e alle prevalenze tonali, alla giustapposizione delle masse,agli equilibri di rapporto fra le volumetrie visive. Questa pittura rivela la sua originalità nella consistenza luminosa dei tasselli contrappuntistici, nei chiaroscuri che si attuano nel gioco fra i rossi i blu e i neri, coniugati in sequenze da cui traspaiono presenze figurali allo stato embrionale. Queste aggregazioni, che sembrano annunciare una rinascita o una metamorfosi primordiale,sono assai prossime alla violenza di certe combustioni di Burri, e non tanto per quello che concerne la sostanza pittorica, quanto per alcune evidenti sintonie strutturali. Da questo punto di vista è importante valutare questi dipinti di Napolitano per le modalità tecniche che egli applica,al fine di stabilire una collocazione tangibile agli insiemi delle forme, ovviamente non riconoscibili ma calzanti e congrue nel loro significato narrativo, del resto esplicitato dall'artista nei titoli che vi oppone. Le correlazioni dialettiche e le tensioni che si accendono nell'impasto materico esercitano un'azione visibile, una sorta di traccia che segna la continuità fra le chiusure e le aperture delle masse cromatiche in movimento, e si definisce come mappa che precisa una direzione o, quanto meno,una sorta di punto di approdo che ogni singola opera viene di volta in volta definito e focalizzato. Quali siano le pulsioni intime che spingono l'artista a mettere in scena questi suoi paesaggi impossibili non è dato all'osservatore di saperlo, ma va riconosciuta la forza evocativa di questo universo denso e popolato di sostanze vitali. Vincenzo Napolitano rivela qui la sua adesione a una gestualità espansiva,che tuttavia non si allontana mai da certe regole non scritte, quelle cioè che gli impongono di impaginare correttamente le sue intuizioni nei limiti imposti dalla tela e all'interno di una proposizione chiusa e ben determinata a priori. La sua non è quindi una poetica di fuga, ma piuttosto una riflessione sugli aspetti immanenti dell'espressività, e sulla concretezza della trascrizione di ciò che proviene dall'inconscio. In questo pittore di qualità, ogni composizione ridefinisce dunque la sua specificità come un unicum irripetibile, e come la sola risposta possibile a un impulso creativo e ineludibile.
Vittorio Sgarbi